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Il piccolo suggerimento di Lagertha

Posted on 2021/10/20 - 2021/11/05 by avisbabel
Eretto sulla punta settentrionale dell’isola danese della Zelanda, il maestoso castello di Elsinore controlla da secoli lo stretto che porta al Mar Baltico. Se questo monumento è ancora oggi l’orgoglio degli abitanti del posto, altri non mancano di ricordare con malizia che fuori dall’isola resta famoso soprattutto per aver fatto da scenario a una famosa tragedia, di cui di solito si conserva solo il motto «c’è qualcosa di marcio in Danimarca». E per di più, non si può nemmeno contare sulla più recente attualità per smentire il vecchio adagio shakespeariano. Anzi. Il 3 giugno non è infatti stata votata proprio lì la legge che consente di far sloggiare in massa dal paese i richiedenti asilo, subappaltando la loro “accoglienza” a Paesi terzi fuori dall’Unione Europea una volta esaminato il dossier relativo (sono in corso trattative con l’Egitto, l’Etiopia e il Ruanda)? E non è stato, quel territorio del vecchio continente, pioniere nell’imposizione alla popolazione già dal 21 aprile di un Covid-pass obbligatorio per chi ha più di 15 anni e voglia accedere in cinema, stadi, biblioteche, bar o anche… autoscuole e parrucchieri?
D’altra parte, è proprio in questo Paese nordico che è venuto fuori un piccolo suggerimento anonimo, offerto a tutti i contestatori che attualmente fanno fuoco e fiamme per porre fine a queste nuove misure liberticide. Un piccolo suggerimento che è stato ripetuto per due volte (nel caso in cui qualcuno non abbia ben compreso) a una trentina di chilometri dal castello di Elsinore, colpendo appunto qualcosa di marcio nel regno di Danimarca e non solo. Si è manifestato nientemeno che nell’ostacolare i controlli di identità della polizia e quelli del QR sanitario effettuati da qualsiasi altro tirapiedi sabotando le onde che connettono smartphone e tablet ai loro indispensabili database di tutti i tipi.

Vejby (Danimarca), 25 maggio 2021
Il primo allarme per le autorità è arrivato il 25 maggio nella cittadina di Vejby, vicino alla costa zelandese di Kattegat, a circa 50 km a nord di Copenaghen. Lì, un incendio notturno è divampato contro un’antenna-ripetitore e il suo edificio adiacente, tagliando fuori tutti gli operatori di telefonia mobile della zona. Ma non è tutto, visto che le autorità hanno rivelato in punta di piedi che l’infrastruttura carbonizzata ospitava inoltre non solo un radar dell’esercito per il monitoraggio delle acque (in questo caso la Marina), ma anche diverse apparecchiature della rete criptata della polizia danese necessarie al controllo (SINE, SIkkerhedsNettet). Gli inquirenti, dapprima circospetti, si sono subito incuriositi per la presenza di «un grosso buco praticato nella recinzione dietro la struttura protetta», poi hanno transennato l’area prima di farla rastrellare dai cani per tutto il giorno successivo.

Helsinge (Danimarca), 15 luglio 2021
Il secondo allarme è arrivato il 15 luglio nella città di Helsinge, situata a 5 chilometri da Vejby, quando una seconda antenna-ripetitore è andata in fumo intorno alle 2:30 del mattino. Ancora una volta il fuoco ha bruciato i cavi tra l’edificio che ospitava gli apparati di telecomunicazione e l’antenna stessa, prima di risalire su quest’ultima. Le autorità stizzite hanno precisato che «qualsiasi collegamento con precedenti incendi di natura analoga sarebbe stato incluso nell’indagine», poi hanno anche là richiamato i fedeli canidi (quelli a quattro zampe) per ispezionare la zona.

Mentre gli acuti segugi danesi, certo meno esperti sul campo di altri colleghi europei, si stanno concentrando sulla fumosa teoria dell’autocombustione di antenne — certamente stanche di servire il controllo poliziesco e sanitario o di garantire il telelavoro — o sull’ipotesi che possa «trattarsi semplicemente di una strana coincidenza», per parte nostra potremmo azzardare un’altra ipotesi. E un po’ più realistica, che diamine!

Per questo bisogna risalire alle mitiche vichinghe Skjaldmö, guerriere munite di scudi che hanno combattuto anche a centinaia contro i Goti o gli Unni, secondo i racconti delle saghe nordiche. Una di loro, forse la più nota, si chiamava Lagertha e aveva raggiunto il Valhalla già da diversi secoli, quando improvvisamente si dev’essere resa conto che attendere con Odino la grande catastrofe finale sarebbe stato un mero riecheggiare millenarista delle idiozie cristiane. Se questo insulso ventunesimo secolo deve finire per essere rappresentato da musica tecno, videogiochi, serie televisive o, peggio, da fantasmi neonazisti, tanto vale tornare a Kattegat per devastare tutto ciò che ha reso questo possibile. Tornata nella sua amata baia, è proprio là, la scorsa primavera, che è rimasta disgustata da questo mondo mediato da appendici sempre più tecnologiche, dove troppi esseri brandiscono con diletto lo schermo della propria servitù. Lungi da qualsivoglia rassegnazione, si è impegnata ancora una volta a «trascinare il panico degli amici verso il campo nemico», come già narrato dall’odioso monaco che un tempo tramandò la sua leggenda. Se le è certo mancato il tempo per comprendere i nuovi rapporti sociali all’origine di tutta questa merda, ci è voluto poco per dare fuoco gioiosamente alle due torri di cavi e radar che la circondavano. Queste strutture di telecomunicazione non solo urtavano la sua stessa sensibilità, non solo sbarravano ogni orizzonte desiderabile, ma fornivano concretamente al nemico gli strumenti di un controllo permanente e diffuso, risparmiandogli parecchie battaglie.

Apprendendo un po’ più tardi ciò che il poeta anglosassone ha inserito nell’Amleto sulla Danimarca, Lagertha non poteva fare a meno di sorridere. Camminando sul bordo delle onde, ha proceduto ancora meglio, pensando che se l’intero pianeta era ormai colpito dallo stesso marciume tecnologico che ci priva a poco a poco di ogni autonomia, il rimedio primitivo appena impiegato per riflesso a Vejby come a Helsinge avrebbe invece continuato a funzionare sempre a meraviglia…

[Publicato su sansnom.noblogs.org e ripreso en Avis de tempêtes n°43-44, agosto 2021]
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