Noi ci culliamo — talora inebriandoci — con fallaci parole che rappresentano solo vaghe astrazioni.
Pretendiamo che la speranza sia il nostro sostegno, se non la nostra guida, nell’aspra lotta che conduciamo nel corso della nostra effimera esistenza.
E coloro che considerano la speranza una chimera a volte sono solo disillusi che, dopo molte speranze infrante, dubitano di tutto e di se stessi.
Ma, a parte questi disincantati dalla vita, tutti gli esseri umani non vedono forse nella speranza il faro luminoso che li guida e verso cui tendono i loro sforzi? Essendo la speranza in un futuro migliore l’unica vera ragione di vita, per tutti?
È così che il credente si rassegna al triste destino della sua vita terrena, contando ingenuamente in una ricompensa nell’aldilà.
Questo è anche il motivo per cui l’eterna vittima pone il proprio futuro nelle mani di un padrone e non si scoraggia, sebbene costantemente ingannata.
Sono queste fallaci speranze che contribuiscono a prolungare miseramente una vita sociale talmente assurda e monotona.
Sperare significa credere in un’ipotetica felicità e aspettarsela ingenuamente dagli dèi, dai padroni o dal cieco caso.
Farsi cullare da una speranza ingannevole significa far addormentare ogni energia in se stessi, talvolta è rinunciare persino a qualsiasi idea di lotta, significa preparare un avvenire che è solo un ritorno del passato e una triste continuazione del presente.
Non dobbiamo avere alcuna fiducia cieca; non crediamo in niente; nessuno può migliorare la nostra vita meglio di noi stessi. Acquisiamone coscienza e mettiamo la nostra energia in continua attività. Lottiamo e reagiamo contro tutto ciò che ostacola la nostra esistenza. La speranza indebolisce e imbroglia. Ci fa marcire nel tran-tran di un’ebete ingenuità o sprofondare in un tetro scoraggiamento.
La volontà, madre dell’azione, è un reale fattore di vita.
Bisogna agire, non sperare.
Albert Soubervielle en L’idée anarchiste, n.5, 8 maggio 1924
[Avis de tempêtes, n°25, gennaio 2020]